Troppo povera per essere mamma: il tribunale le toglie il bambino

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Aveva appena dato alla luce suo figlio. Nonostante si trovasse in una situazione difficile, nonostante il suo reddito mensile fosse di soli 500 euro: la giovane trentina ha rifiutato la possibilità di abortire e scelto non solo di portare a termine la gravidanza, ma di tenere con sé il bambino e crescerlo. Una scelta coraggiosa, ma non irrazionale. Consapevole di quanto sia difficile crescere un figlio in una situazione economica precaria, la ragazza ha chiesto un affido condiviso, una procedura che consente a genitori in difficoltà di farsi aiutare da un’altra famiglia nell’allevare il bambino.
Il Tribunale di Trento, però, ha deciso diversamente: senza nemmeno interpellarla, ha dato il via alla procedura di adottabilità. Come se il piccolo fosse stato abbandonato dalla madre alla nascita. La mamma ha immediatamente chiesto di parlare con i giudici, ma è stata ricevuta solo a distanza di un mese. Il risultato? Il Tribunale di Trento il giudice ha avviato una perizia sulle capacità genitoriali della madre. In pratica, la madre verrà “studiata” per mesi per accertarsi che sia in grado di rivestire il ruolo di genitore e solo di fronte al giudizio finale del tribunale potrà riabbracciare suo figlio. Una procedura solitamente riservata a casi gravi, come violenze domestiche.Va sottolineato che la donna non ha mai avuto episodi di tossicodipendenza ed è assolutamente incensurata. L’unico motivo per cui le hanno tolto il bambino sono le sue limitate risorse economiche.

La vicenda è stata resa nota dallo psicologo Giuseppe Raspadori, consulente del Tribunale di Trento, che senza mezzi termini ha commentato: “L’affidamento a terzi di un minore è un’ipotesi che dovrebbe essere perseguita per gravissimi ed eccezionali motivi. I procedimenti con cui il Tribunale dei minorenni separa i bambini dalle madri in nome dell’incapacità genitoriale sono un abuso scientifico”.
Davanti alla difficile crisi economica che ha colpito quasi tutti i lavoratori, viene da chiedersi in quanti rischiano di fare la fine della mamma di Trento. E soprattutto se questo significhi davvero agire per il bene dei bambini… Con tanto parlare di “diritto alla vita” e “valori della famiglia”, allo Stato non spetterebbe aiutare, invece di negare?
E’ vero, l’amore non basta. Ma non è forse la cosa più importante, in una famiglia?

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